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                                                                                 Roberta Giuffrida
                                                                                 Catania
                                                                                 Berlino,il muro
                                                                                 Il titolo della foto rimanda ad una triste pagina della
                                                                                 nostra storia relativamente recente: la costruzione
                                                                                 di quel muro che dal 1961 al 1989 ha tenuto for-
                                                                                 zatamente divisi gli abitanti di Berlino, per volontà
                                                                                 delle  autorità  comuniste  del  tempo.  Lo  scatto  di
                                                                                 Roberta,  emblematico  e  a  consistente  connota-
                                                                                 zione simbolica, si presta a diverse chiavi di let-
                                                                                 tura, e in qualche modo fomenta inquietudine ed
                                                                                 anche riflessione. A ridosso del famigerato muro
                                                                                 due  presenze  umane,  a  evidente  difformità  spa-
                                                                                 ziale e generazionale. L’una costruita, l’altra reale.
                                                                                 Mimica espressiva “inanimata” ed enigmatica nel
                                                                                 primo  caso,  criptica  nel  secondo.  Disagio,  inco-
                                                                                 municabilità,  contrarietà,  sofferenza?  Che  dire?
                                                                                 Una composizione semplice quanto interessante a
                                                                                 percepibili venature concettuali, ricercate o fortuite
                                                                                 che siano.


       Marina Brancaccio
       San Benedetto del Tronto
       La piana di Castelluccio
       I piani di Castelluccio (superiore, inferiore, perduto),
       posti sul versante umbro dei monti Sibillini, a ridosso
       del monte Vettore, costituiscono un altipiano di natu-
       ra carsico-alluvionale di rara bellezza paesaggistica,
       soprattutto da Maggio a Luglio, in fase di fioritura. Un
       vero e proprio spettacolo della natura, particolarmen-
       te appetibile per tutti i fotografi del mondo. Lo scatto
       di Marina, operato dall’alto, disegna una vasta mappa
       del  territorio  in  oggetto  formata  da  linee,  diagonali,
       rettangoli verdi e pennellate di rosso. Studio della pro-
       fondità, spazialità ed essenzialità compositiva sono le
       componenti che ne delineano la gradevole dimensio-
       ne estetica, peraltro esaltata dalla sinuosa stradina
       bianca, “arricchente” in termini di originalità e “credi-
       bilità” espressiva



                                                                                Salvatore Guglielmo
                                                                                Termini Imerese (PA)
                                                                                La mano divina
                                                                                “Non sono le parole a dar forza alle opere, ma le
                                                                                opere a rafforzare le parole”. Attingo alla citazione
                                                                                del critico d’Arte Flavio Caroli per condividerne ap-
                                                                                pieno il pensiero. Ebbene, ritengo che l’immagine
                                                                                dell’amico Guglielmo, in questo caso, abbia a cor-
                                                                                roborare solo in minima misura le mie note di com-
                                                                                mento. Tengo buona l’idea della grossolana “mano
                                                                                divina”,  aggressiva  nei  confronti  della  splendida
                                                                                costruzione a movenze barocche, peraltro a libera
                                                                                interpretazione, ma non mi convince la traduzione
                                                                                della parvenza di idea stessa in immagine. Defi-
                                                                                citario  sul  piano  delle  proporzioni  e  dell’armonia
                                                                                compositiva, lo scatto è altresì “confuso” e poco
                                                                                incisivo in tutto quanto attiene alla gestione della
                                                                                luce e  alla distribuzione delle già fiacche tonalità
                                                                                monocromatiche.




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