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Reportage Rod�lf� Ta��ia��r��
Cinque artisti per quattro storie per raccontare e raccontarsi, nei luoghi abbandonati, nei manicomi.
I AM-Carmela De Marte.Proiettandoci in un futuro pros-
simo abbiamo immaginato una donna adulta, che per adeguarsi ai
canoni di bellezza dettati dalla società contemporanea, modifica il
suo corpo indossando degli indumenti che ne alterano le caratte-
ristiche fisiche rendendo altro di sé.Con il corpo modificato, tenta
di continuare la sua esistenza sforzandosi di sottostare ai dettami
istituzionalizzati per divenire ciò che ci si aspetti una donna sia.
Nasce così una cerimonia, un rito fatto di gesti che diventano una
gabbia e che si ripetono, sempre gli stessi ma, ripetendosi con mo-
notonia, non fanno altro che far emergere l’intimo, il non esponibile,
la stanchezza, la sconfitta tutto ciò che è bene non mostrare, che
la società non vuol vedere. Si tenta di negare la vera natura in una
costante lotta nell’estenuante tentativo di difendere l’intimo e la sua
sacralità, di difendere l’umano e, più lo si fa, più la vera natura esce
fuori aumentando lo scarto simbolico tra segno e significante.
KHALASIA-Daniela Nisi.Cosa direbbe una casa ab-
bandonata se parlasse con voce umana? Quali sarebbero i suoi
ricordi, le sue emozioni e le sensazioni rispetto a chi l’ha vissuta?
Cosa significa resistere nel tempo, all’abbandono, alla perdita di
persone, arredi, porte, finestre, ecc? Questa storia è scritta al
centro di un bosco dimenticato dove, tra terra e fango, tra grano
e vegetazione incolta, una villa resiste maestosa e bellissima in
tutta la sua decadenza, come un fossile abbandonato carico di
vita: un totem del passato.
La nostra ricerca ha iniziato a prendere forma a partire da queste
domande, la voce del vento che attraversa quei muri diroccati ed
ora deturpati da atti vandalici di varia natura.
Lo stesso titolo “Khalasia” nella sua etimologia dal Griko, (antica
lingua d’uso comune nel salento) significa distruzione, rovina.
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