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ReportageReportage                       Salvatore Pirino






























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                          Palizzi,l’arte del vinoo
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              lle pendici dell’Aspromonte meridionale nella parte più estrema della   Palizzi,nell’Aspromonte,è un borgo
              penisola, vi è Palizzi un borgo ricco di storia e tradizioni, importan-  calabrese molto conosciuto per la
        Atissimo per la sua posizione geografica. Palizzi ricade in quella zona   produzione del vino rosso prodotto
        chiamata area Grecanica dove sono forti ancora oggi le tradizioni e la lin-  da antichi vitigni. Ancora oggi si pos-
        gua greca antica. Il borgo si sviluppa sui fianchi di un monolite con le case   sono visitare i catoj,antiche cantine
        che si fondono nella roccia, in cima vi è un antico castello oggi monumento   che oltre alla conservazione del vino
        nazionale. Lo sguardo viene subito rapito dal colpo d’occhio che il borgo   venivano usati come rifugi in tempi
        insieme a tutta la valle forma in questo angolo di Calabria. Già nel 1847   difficili.
        Edward Lear nel libro “diario di un viaggio a piedi” descriveva Palizzi con
        grande meraviglia, il percorso intrapreso dallo scrittore oggi è un percorso
        escursionistico chiamato “sentiero dell’inglese” che attraversa buona parte
        dell’area Grecanica dove Palizzi è una delle stupende tappe. Nella piazza
        principale del borgo è possibile ammirare la chiesa di S. Anna in stile Bizan-
        tino. Vie tortuose in pietra, piene di storia e segni del tempo si susseguono e
        si incrociano fino a salire al castello, mentre nella parte bassa il ponte detto
        “schiccio” sovrasta la fiumara, un tempo luogo di ritrovo. Tipico di questo
        borgo è la produzione del vino rosso prodotto da vitigni antichi: il Palizzi IGT.
        Palizzi ha aderito all’associazione nazionale Città del Vino ed oggi conta
        numerose cantine di produzione. Ancora oggi si possono visitare i catoj, an-
        tiche cantine che servivano per la conservazione di vino e olio ma venivano
        usati anche come rifugi in tempi difficili. Alcuni erano destinati anche alla
        produzione di vino ed è proprio in uno di questi che ho assistito alla tradi-
        zionale vendemmia, arte ormai quasi scomparsa ma che ancora qualcuno
        esercita con sacrificio e dedizione. La raccolta dell’uva avviene in terreni
        scoscesi o nelle classiche “terrazze” che circondano il borgo, i grappoli ma-
        turi vengono raccolti a mano, adagiati nelle ceste e poi spostati in cassette
        più facili da trasportare. Una volta arrivati nel catojo l’uva viene passata nella
        diraspatrice che separa gli acini dalla parte legnosa. A questo punto gli acini
        separati e puliti vengono raccolti in una grande vasca nella quale avviene la
        pigiatura o spremitura rigorosamente come da tradizione. Il mosto prodotto
        viene lasciato riposare 24/48 ore, poi trasferito per caduta in un’altra vasca
        più piccola. A questo punto gli acini pigiati ricevono un ulteriore spremitura
        nel torchio. Il mosto viene infine trasferito all’interno delle botti per la fermen-
        tazione: esso si trasformerà nel delizioso “oro rosso” che tutti conosciamo.

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