Page 12 - 4-2024
P. 12
ReportageReportage Walter Ferro
Visioni irrazionaliisioni irrazionali
V
Credo in una fotografia libera, universale, capace di interpretare o- Nonostante l’innata attitudine di Walter
gni realtà pura o immaginaria. È con gli occhi socchiusi nel silenzio Ferro nel sovvertire i canoni estetici, nel
“che inizio a sentire certe pulsazioni e visualizzare immagini cattura- deturpare le sue fotografie con apparen-
te nel contesto reale del vissuto quotidiano, immagini latenti provenienti te abuso di contrasti, di mossi, di sgra-
dall’ io più profondo che impattano con il mio essere interiore, un punto nati, di sfocati, di distorsioni, di strappi e
d’incontro tra inconscio e visione e qui nasce la mia fotografia sospe- di collages, la prima impressione che si
sa tra reale e immaginario. Sono con queste parole che Walter Ferro coglie non si discosta molto da quella di
ci introduce nel suo mondo fotografico”. “Non dipingo un ritratto che un bizzarro ancorché piacevole lavoro sul
assomiglia al modello, piuttosto è il modello che dovrebbe assomiglia- ritratto
re al ritratto”. (Salvador Dalí) Partiamo da ciò che sembrano, queste
foto: ritratti. Nonostante l’innata attitudine di Walter Ferro nel sovvertire
i canoni estetici, nel deturpare le sue fotografie con apparente abuso
di contrasti, di mossi, di sgranati, di sfocati, di distorsioni, di strappi e di
collages, la prima impressione che si coglie non si discosta molto da
quella di un bizzarro ancorché piacevole lavoro sul ritratto. Ma qual-
cosa non torna. Complice la scelta del formato quadrato, lo sguardo è
indotto a un moto vorticoso entro ogni singola immagine, alla ricerca di
qualcosa. Che, in un ritratto, è solito essere quel qualcosa che penetra
nella profondità dell’animo del soggetto stabilendo una connessione
immediata con chi guarda, rivelandosi. Non qui. E’ come se l’autore ci
dicesse: “ci sono io dietro a quei volti, ma non in ciò che si palesa”. Una
sorta di comunicazione steganografica, dove non è solo la codifica ad
essere occultata, ma il codice stesso da decifrare. La serie si sviluppa
in un susseguirsi di figure nei cui lineamenti è impressa una moltitudine
di fasi dell’esistenza umana, di stati d’animo e di personalità, l’uno e
l’opposto. L’austero, il grottesco, il dolore, la spensieratezza, l’ammic-
camento, l’apatia, la complicità, l’indifferenza, l’ilarità, la contemplazio-
ne, la speranza, la rassegnazione, la giovinezza e il declino. In ogni
immagine uno strappo e una ricomposizione, due azioni opposte ma
conseguenti: non c’è ricostruzione senza frattura. In questa carrellata
di volti che sembra riprendere una Teoria delle Maschere di sapore
Pirandelliano - tanto è effimera e di circostanza l’immagine che ricopre violazione delle regole del codice che “..anziché produrre
l’inconscio – Walter Ferro ci esterna la sua avversione ai cliché estetici puro disordine, essa attira l’attenzione del destinatario e lo
e agli stereotipi visivi, e al dover forzatamente comunicare un messag- pone in situazione di orgasmo Interpretativo..”. Walter Ferro
gio univoco. Ci mette in guardia dalle apparenze, ma al tempo stesso ci gioca sul concetto stesso di arte contemporanea, non più
insinua il dubbio che anche le più intime verità non siano altro che punti iconoclasta in quanto non si limita a distruggere immagini
di vista soggettivi. Ambiguità e autoriflessività, per usare i termini indi- come avveniva con l’astrattismo, ma anzi ne fabbrica una
cati da Umberto Eco (Trattato di Semiotica Generale, 1975) per definire profusione in cui, apparentemente, non c’è nulla da vedere
le due principali caratteristiche del linguaggio estetico contemporaneo se non quanto viene mostrato. (Massimo Renzi)
12