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Reportage Rod�lf� Ta��ia��r��
Il Museo degli autobus
on ero mai stato in un museo di autobus, semplicemente
perché non sapevo nemmeno che esistessero, né lo avrei
Nmai pensato. E invece esistono, e ne abbiamo uno proprio
qui, a La Spezia, e dedicato proprio al trasporto pubblico della no-
stra città. Entrare in quel capannone ha prodotto sensazioni stra-
ne, inattese, ed è stato un po’ come ritrovarsi tra memorie appa-
rentemente perdute, ma non ignote: tutte quelle “facce” di autobus,
sempre viste, negli anni, prima così familiari ma poi gradualmente
scomparse senza che nessuno se ne accorgesse, quasi in punta
di piedi - e lentamente dimenticate erano di nuovo lì, a portata di
mano, con le loro targhe SP ed i loro cartelli di linea con le desti-
nazioni consuete, come se avessero appena terminato una corsa.
Potevi guardarli, potevi toccarli e potevi salirci sopra, come avevi
fatto per tanto tempo negli anni passati. E non solo: biglietti, cime-
li, ricordi e tante fotografie erano lì a ricordare la città degli anni
che furono, perché un’esposizione storica del trasporto pubblico
è anche una mostra delle trasformazioni territoriali e urbanistiche,
della crescita della città e dell’evoluzione dell’ambiente urbano,
proprio perché il trasporto di persone è costantemente chiamato
a seguirne lo sviluppo e quindi ad espandersi insieme alla città. Ci
dicono che all’estero - soprattutto nei paesi anglosassoni, i musei
dei trasporti sono assai comuni e non solo nelle principali città,
mentre da noi, in Italia, questo tipo di cultura non è compreso: vige
una specie di monocoltura culturale, dove si valorizza solo ciò che
è di natura umanistica, mentre la cultura tecnica non è riconosciu-
ta neanche come tale. E sì che siamo il paese di Leonardo da Vin-
ci, di Meucci e di Marconi, per non citare addirittura Enrico Fermi!
Ma torniamo ai nostri autobus: appena arriviamo, al portone di
accesso all’esposizione ci accoglie,- posizionato quasi come
un “gate guardian” di consuetudine aeronautica, un autobus ex- E allora, che dire di questa iniziativa inconsueta, innovativa e an-
traurbano IVECO 370 S, già ATC n°425, inizialmente utilizzato ticonformista? Possiamo solo dire “grazie”. “Grazie” alle perso-
anche per gite turistiche ed ora in una livrea in celeste unificato ne che si dedicano, impiegando il loro tempo e le loro risorse, a
che denuncia il peso degli anni. Il veicolo è attualmente in cor- ricercare questi autobus ed a sottrarli alla distruzione, a restau-
so di restauro e non c’è motivo per dubitare che tornerà presto rarli meticolosamente e a conservarli per le generazioni che ci
all’antico splendore. Vicino al 370 si può ammirare una vettura seguiranno; “grazie” a chi raccoglie e valorizza documenti, ci-
della funicolare Sant’Anna di Genova, unica testimonianza di meli e fotografie; “grazie” ai modellisti che riescono a riprodurre,
funicolare ad acqua esistente, ed ancora, sempre all’esterno, in piccolo, ciò che è andato irrimediabilmente perduto e “grazie”
l’unico tram genovese ad oggi sopravvissuto, la vettura n°973 soprattutto a Silvia Tarca e alle persone come lei, che cercano,
ridenominata poi 900 per impersonare la prima della serie, mo- spesso incomprese, di tutelare le memorie storiche della nostra
derno (per l’epoca) veicolo bidirezionale degli anni Quaranta. città, pur in un desolante panorama di disinteresse generale.
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