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Reportage                                  F��i� Me�i��
































                                  Il rito dei Serpari






             traordinaria e del tutto peculiare è la figura del “Serparo, un personag-
             gio assai diffuso in età tardo medievale, Ogni primo giovedì di maggio,
        Sin Abruzzo e precisamente a Cocullo in provincia dell’Aquila, , a mez-
        zogiorno in punto, si ripete immutato un evento il cui significato va ben oltre
        la semplice apparenza: il gesto di porre delle serpi intorno alla statua di un
        santo esprime la soluzione dell’eterna opposizione tra il mondo naturale con
        tutte le insidie e il mondo umano costretto a difendersi per sopravvivere. San
        Domenico in tale circostanza incarna la figura eroica capace di conciliare i
        due mondi. Appena dopo il disgelo, quando il tepore primaverile incomincia
        a scaldare la terra, vuol dire che è tempo di andare per serpi. “… Fermati,
        serpe, perché devi servire per la festa di San Domenico!” intimava Simone
        ad ofide che gli attraversava la strada un giorno del mese di aprile del 1768.
        Leggendo questo episodio riportato in un libello dell’epoca, si può avere l’im-
        pressione che sia molto facile catturare i serpenti. In realtà così non è. La
        maggior parte delle volte, infatti dopo aver battuto palmo palmo la campa-
        gna, si rischia di tornare a mani vuote. I serpari di oggi conservano dei loro
        antichi predecessori le stesse tecniche, ma il ruolo sacrale e professionale
        proprio del “Ciarallo” si è mutato in una forma di devozione laica e di parteci-
        pazione al rito che è, appunto, riappropriazione delle radici in un rapporto di
        rinnovato rispetto per la natura. Quattro sono le specie di serpi presenti nel
        rito di Cocullo: Il Cervone, Il Saettone , la Biscia dal Collare e il Biacco. Si
        tratta di specie innocue. I loro morsi, infatti, provocano solo una lieve irrita-
        zione della parte offesa, senza conseguenze. Una volta catturate, vengono
        custodite con estrema cura fino al giorno della festa. Un tempo si riponeva-
        no nei recipienti di terracotta. Attualmente vengono tenute dentro apposite
        cassette di legno. Dopo la celebrazione, i serpari liberano le serpi restituen-
        dole al loro ambiente. L’annuncio dell’inizio della festa è dato dall’arrivo delle
        compagnie di pellegrini provenienti dai luoghi dove il culto del Santo è più
        profondo: Campania, Molise, e Lazio. La piazza è il luogo dove sostano i
        serpari i quali in attesa della processione, esibiscono orgogliosamente i vari
        tipi di serpi che sono riusciti a catture. Il Santo, portato a braccia da quattro
        persone, uscirà dalla chiesa e là, sul sacrato, atteso con ansia fremente dai
        serpari, ancora una volta ricorderà a tutti di essere lui il vero dominatore dei
        serpenti. Ai lati della statua due ragazze in costume tradizionale, portano
        sulla testa i canestri contenenti cinque pani sacri, i cosiddetti “Ciambellati”,
        che in ricordo di un miracolo compiuto dal Santo, vengono offerti, per antico
        diritto, ai portatori del simulacro e dello stendardo. Passa la processione in
        mezzo alle vecchie case e qui, nel suo compiersi, il rito ricalca arcaici modelli
        costituendo l’esempio residuo di un mondo paneuropeo.
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